Il Tesoro britannico ha annunciato la vendita completa delle sue azioni rimanenti nel NatWest Group, segnando il ritorno della banca alla piena proprietà privata quasi due decenni dopo un salvataggio da parte dei contribuenti durante la crisi finanziaria del 2008.
Questo conclude un capitolo significativo della storia bancaria britannica.
Nelle prime ore del 13 ottobre 2008, il Cancelliere Alistair Darling finalizzò i dettagli del più grande intervento governativo nel settore privato dalla seconda guerra mondiale, un salvataggio che costò ai contribuenti oltre l’intero budget annuale della difesa.
Il governo ha investito in definitiva 45 miliardi di sterline (circa 73 miliardi di sterline oggi), acquisendo una quota dell’84% nella Royal Bank of Scotland (RBS), ora parte del NatWest Group. Al tempo, il bilancio di RBS superava le dimensioni dell’economia del Regno Unito; il suo collasso avrebbe avuto conseguenze devastanti.
La vendita protratta per 17 anni solleva interrogativi. Considerata l’emergere di nuovi rischi, inclusi gli attacchi informatici sponsorizzati dallo Stato, quanto sono vulnerabili le banche britanniche oggi? L’etichetta “troppo grande per fallire” del 2008 è ancora valida e un’altra crisi necessiterebbe di un altro salvataggio da parte dei contribuenti?
Il presidente del NatWest Group, Rick Haythornthwaite, ha espresso gratitudine per l’intervento del 2008, sottolineando la profonda riconoscenza della banca per il ruolo dei contribuenti nella protezione di aziende, proprietari di case e risparmiatori.
Dal 2008 sono intervenuti cambiamenti significativi. I prestiti in essere di RBS, il numero di dipendenti e i 10 miliardi di sterline di fondi dei contribuenti non recuperati riflettono un panorama trasformato.
Sebbene la spesa governativa appaia come un cattivo investimento, la baronessa Shriti Vadera, ex consigliera governativa, chiarisce che si è trattato di un salvataggio, non di un investimento. La priorità era mantenere la stabilità economica garantendo la continuità dei prestiti e dei servizi bancari essenziali.
Le potenziali conseguenze di un collasso bancario erano disastrose, spingendo a discutere di misure straordinarie, come dimostra il racconto dell’ex Primo Ministro Gordon Brown sui potenziali disordini sociali.
RBS non era sola ad affrontare il collasso. Una crisi globale innescata dall’instabilità del mercato dei mutui statunitensi ha portato a un congelamento dei prestiti interbancari.
Il ricorso della Northern Rock ai fondi presi in prestito nel 2007 ha evidenziato la vulnerabilità del sistema, portando in definitiva alla sua nazionalizzazione. Il governatore della Banca d’Inghilterra, Andrew Bailey, ha sottolineato che la nazionalizzazione di RBS ha impedito danni economici incalcolabili.
La crisi ha colpito il settore bancario globale, con fallimenti importanti negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Per il Regno Unito, tuttavia, RBS ha rappresentato il rischio sistemico più significativo a causa delle sue dimensioni e dell’interconnessione all’interno dei sistemi finanziari nazionali e internazionali.
L’aggressiva espansione di RBS sotto Fred Goodwin, successivamente privato del suo titolo nobiliare, ha contribuito alla crisi. Gli anni successivi hanno visto numerose lamentele in merito alla gestione di aziende in difficoltà da parte di RBS.
La vendita ritardata delle azioni RBS, che ha comportato una perdita di 10 miliardi di sterline, è attribuita alla complessità della situazione, comprese questioni legali negli Stati Uniti e la natura politicamente sensibile della cristallizzazione delle perdite durante le misure di austerità.
Mentre il governo ha tratto profitto dal suo investimento nel Lloyds Banking Group, RBS ha presentato un caso molto più complesso e impegnativo. Le sue perdite sostanziali e le battaglie legali hanno scoraggiato una dismissione anticipata.
Molti credono che il lungo processo di dismissione abbia ostacolato gli investimenti privati. La baronessa Vadera suggerisce che una tempistica più breve avrebbe potuto essere più efficace.
Haythornthwaite considera la vendita delle azioni un momento simbolico per la banca e la nazione, che indica un passaggio verso un futuro più sicuro.
Tuttavia, rimane la domanda: le lezioni del passato sono state davvero imparate?
Bailey ritiene che il sistema bancario sia più resiliente, citando metodi di salvataggio alternativi che minimizzano la necessità di fondi dei contribuenti. Test di stress rigorosi e maggiori riserve di capitale contribuiscono a questa maggiore stabilità.
Sir Philip Augar concorda, sottolineando la riduzione della leva finanziaria e l’aumento dei cuscinetti di capitale nel settore bancario, sebbene riconosca la possibilità di futuri collassi.
Esistono tuttavia nuovi rischi. Gli attacchi informatici rappresentano una grave minaccia per il regolare funzionamento dei sistemi bancari, evidenziando le vulnerabilità nelle infrastrutture critiche.
Bailey identifica le minacce informatiche come una preoccupazione in continua evoluzione, che richiede una vigilanza continua da parte delle istituzioni finanziarie.
I recenti fallimenti bancari statunitensi illustrano un altro rischio: la velocità delle moderne corse agli sportelli bancari digitali, evidenziando la continua dipendenza dalla fiducia nel sistema bancario.
La natura interconnessa delle banche rimane un fattore chiave. Il loro ruolo di linfa vitale dell’economia, che facilita credito, salari e risparmi, rende la loro stabilità fondamentale.
La lezione fondamentale del 2008 – la fragilità del sistema e il potenziale impatto devastante dell’instabilità bancaria – rimane oggi attuale come allora.
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