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All’indomani delle recenti ostilità tra Iran e Israele, le autorità iraniane avrebbero condotto una serie di arresti ed esecuzioni mirate a individui sospettati di collaborare con le agenzie di intelligence israeliane.
Queste azioni seguono quella che i funzionari iraniani hanno descritto come un’infiltrazione senza precedenti dell’apparato di sicurezza della nazione da parte di agenti israeliani.
Le autorità sospettano che le informazioni fornite a Israele abbiano svolto un ruolo in una serie di omicidi di alto profilo durante il conflitto, tra cui le uccisioni mirate di alti comandanti del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) e di scienziati nucleari. L’Iran ha attribuito questi atti ad agenti dell’agenzia di intelligence israeliana Mossad operanti all’interno del paese.
In risposta a questi eventi, le autorità iraniane si sono concentrate su individui sospettati di lavorare con agenzie di intelligence straniere, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale.
Tuttavia, i critici esprimono preoccupazione che queste azioni possano anche servire a sopprimere il dissenso e consolidare il controllo del governo.
Durante il conflitto, le autorità iraniane hanno giustiziato tre persone con l’accusa di spionaggio a favore di Israele. Poco dopo aver raggiunto un cessate il fuoco, altre tre persone sono state giustiziate con accuse simili.
Da allora, i funzionari hanno annunciato l’arresto di centinaia di sospetti in tutto il paese con l’accusa di spionaggio. La televisione di stato ha trasmesso presunte confessioni di diversi detenuti, che avrebbero ammesso la collaborazione con l’intelligence israeliana.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per questi sviluppi, citando la storia dell’Iran di estorcere confessioni forzate e condurre processi iniqui. Si teme che possano verificarsi ulteriori esecuzioni.
Il Ministero dell’Intelligence iraniano afferma di essere impegnato in uno sforzo continuo contro le reti di intelligence occidentali e israeliane, tra cui la CIA, il Mossad e l’MI6.
Secondo la Fars News Agency, affiliata all’IRGC, una “rete di spionaggio israeliana” è diventata “molto attiva” all’interno dell’Iran in seguito all’inizio del conflitto il 13 giugno. Fars ha riferito che le forze di intelligence e sicurezza iraniane hanno arrestato oltre 700 persone collegate a questa rete durante il periodo di 12 giorni.
I rapporti indicano che gli iraniani hanno ricevuto messaggi di testo di avvertimento dal ministero dell’intelligence, affermando che i loro numeri di telefono sono apparsi su pagine di social media legate a Israele e intimando loro di disimpegnarsi o affrontare un procedimento giudiziario.
Il governo iraniano avrebbe anche aumentato la pressione sui giornalisti che lavorano per i media in lingua persiana all’estero, tra cui BBC Persian, Iran International e Manoto TV.
Iran International riferisce che l’IRGC ha detenuto i familiari di uno dei suoi presentatori televisivi a Teheran, presumibilmente per fare pressione su di lei affinché si dimetta a causa della copertura del canale sul conflitto. La presentatrice avrebbe ricevuto una telefonata da suo padre, sollecitata da agenti di sicurezza, che la esortava a smettere e ad avvertirla di potenziali conseguenze.
Le minacce dirette ai giornalisti di BBC Persian e alle loro famiglie si sarebbero intensificate. I funzionari della sicurezza avrebbero contattato le famiglie, affermando che prendere di mira i familiari come ostaggi è giustificato in un contesto di guerra e hanno etichettato i giornalisti come “mohareb” — un termine che significa “colui che fa guerra contro Dio” — un’accusa che può comportare la pena di morte secondo la legge iraniana.
Manoto TV ha segnalato incidenti simili, tra cui minacce contro i familiari dei dipendenti e richieste di interrompere i legami con il canale. Alcuni parenti sarebbero stati minacciati con accuse come “inimicizia contro Dio” e spionaggio – entrambi reati capitali ai sensi della legge iraniana.
Gli analisti interpretano queste tattiche come parte di uno sforzo più ampio per mettere a tacere il dissenso e intimidire i lavoratori dei media in esilio.
Le forze di sicurezza avrebbero anche detenuto attivisti, scrittori e artisti, spesso senza accuse formali. Ci sono anche segnalazioni di arresti mirati ai familiari di persone uccise durante le proteste del 2022 “Donna, Vita, Libertà”.
Queste azioni suggeriscono una campagna più ampia rivolta agli attivisti attuali, così come a quelli collegati a periodi passati di disordini.
Durante il conflitto, il governo iraniano avrebbe limitato l’accesso a Internet. Mentre è stato implementato un cessate il fuoco, l’accesso completo non è stato ancora ripristinato. Limitare l’accesso a Internet durante le crisi, in particolare durante i periodi di disordini interni, è diventata una strategia ricorrente. Inoltre, la maggior parte dei principali social network e siti di notizie rimangono bloccati in Iran e richiedono l’uso di VPN per l’accesso.
Difensori dei diritti umani e osservatori politici hanno fatto paragoni con gli anni ’80, quando le autorità iraniane hanno soppresso l’opposizione politica durante la guerra Iran-Iraq.
Si teme che, di fronte a una posizione internazionale indebolita dopo il conflitto con Israele, le autorità iraniane possano ricorrere ad arresti di massa, esecuzioni e maggiore repressione.
I critici sottolineano gli eventi del 1988, durante i quali migliaia di prigionieri politici sarebbero stati giustiziati in seguito a brevi e segreti processi da parte di “commissioni della morte”, con le vittime sepolte in fosse comuni senza nome.
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