Il Cile, secondo più grande esportatore mondiale di salmone di allevamento e principale fornitore degli Stati Uniti, si trova ad affrontare una controversia in corso su numerosi allevamenti di salmoni operanti all’interno di aree protette designate nel sud del paese.
Puerto Montt, una città portuale a oltre 1.000 km a sud di Santiago, è l’epicentro dell’industria del salmone atlantico cilena. Gli impianti di lavorazione presenti mostrano la scala dell’industria, con lavoratori che preparano il salmone per l’esportazione negli Stati Uniti e in Giappone.
Francisco Lobos, direttore aziendale dell’esportatore di salmone Multi X, evidenzia l’impatto trasformativo dell’industria sul Cile meridionale, affermando che ha alleviato la povertà e stimolato la crescita economica, creando numerosi servizi di supporto e attraendo lavoratori da altre regioni.
Sebbene non sia autoctono, le uova di salmone atlantico furono introdotte dal Regno Unito alla fine del XIX secolo. L’allevamento iniziò negli anni ’70 e da allora si è notevolmente espanso, con 1.343 allevamenti attivi entro la fine dell’anno scorso.
Nel 2024, il Cile ha esportato 782.076 tonnellate di salmone e trota (principalmente salmone), per un valore di 6,4 miliardi di dollari (4,8 miliardi di sterline), diventando la terza più grande esportazione del paese dopo rame e frutta fresca, seconda solo alla Norvegia a livello globale.
L’industria impiega direttamente o indirettamente 86.000 persone, estendendosi dalla regione di Biobío all’estremo sud della regione di Magellanes. Con una domanda globale prevista in aumento del 40% entro il 2033, i produttori cileni mirano all’espansione, nonostante una leggera diminuzione della produzione l’anno scorso.
Arturo Clements, presidente di Salmón Chile, si fa promotore del sostegno governativo per facilitare la crescita del settore, citando regolamenti eccessivi e conflitti sull’uso del mare come ostacoli significativi. Sottolinea la necessità di una strategia a lungo termine per l’allevamento del salmone.
Gran parte del conflitto si concentra sulla posizione degli allevamenti, criticati per l’inquinamento significativo. 408 concessioni di allevamento di salmoni operano all’interno di aree presumibilmente protette: 294 in riserve nazionali (che consentono un uso commerciale limitato) e 29 in parchi nazionali (dove l’attività commerciale è vietata).
Flavia Liberona, direttrice esecutiva di Terram, una fondazione per lo sviluppo sostenibile, e parte della campagna “Salvemos La Patagonia” (Salviamo la Patagonia), cerca di bloccare le operazioni all’interno dei parchi e delle riserve nazionali, citando i danni ambientali causati dai rifiuti di pesce e dai pellet di mangime che impoveriscono l’ossigeno dei fondali marini.
Il signor Clements precisa che alcune concessioni nei parchi nazionali sono inutilizzate e destinate al trasferimento, mentre quelle nelle riserve nazionali operano entro i parametri legali. Il Sottosegretario per la pesca e l’acquacoltura, presso il Ministero dell’Economia, dello Sviluppo e del Turismo, regola il settore e sta elaborando una nuova legge sull’acquacoltura.
Julio Salas Gutiérrez, Sottosegretario per la Pesca e l’Acquacoltura, afferma che il governo sta lavorando attivamente per rimuovere gli allevamenti dai parchi nazionali, riconoscendo la complessità e il tempo richiesti per il trasferimento.
Matt Craze di Spheric Research suggerisce che un quadro normativo più chiaro e una maggiore certezza governativa per quanto riguarda le aree di allevamento incoraggerebbero maggiori investimenti da parte dell’industria del salmone cilena. Tuttavia, con l’approssimarsi delle elezioni generali, persiste l’incertezza.
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